Una breve prima chiacchierata con Bruno Canè nuovo, con virgolette rigorosamente d’obbligo, membro della famiglia Salus.

 

Al momento della scelta dell’allenatore personalmente credevo a un tuo arrivo in panchina. Tu da quanto attendevi una chiamata sulla panca Salus? Te l’aspettavi?

Diciamo che per me è sempre stato un discorso “non chiuso” e che si riapre dopo tanti anni. A metà maggio del 2004 il Presidente Arletti mi affidò la conduzione della Squadra di C1 ma poi ci fu la possibilità di passare alla B1, in Virtus’34, con lo stesso gruppo di giocatori (tutti miei ex compagni avendo giocato con loro nelle precedenti 3 annate). Non ci pensai neppure un attimo visto che la mia volontà di allenare e stare in palestra con quelle persone era superiore al fatto di essere un capo coach.

 

Del tuo passato cestistico, da giocatore, cosa rimpiangi maggiormente?

Qualche obiettivo per esempio non raggiunto ? Ho sempre cercato di non vivere di rimpianti. Mi guardo indietro ed analizzo il passato solo per capire dagli errori fatti o dai risultati non ottenuti per poter sempre fare meglio nel futuro, mio ma soprattutto della squadra che alleno o delle persone che ho intorno.

 

Come giocherà la nuova Salus? Spostata sotto canestro o con il contropiede e in perenne velocità?

Sicuramente a ritmi alti su entrambi i lati del campo. Con massimo agonismo e voglia di vincere in tutti gli aspetti del gioco. In una parola sola Impegno all’ennesima potenza !!!!! Per me chi non ha questo con l’aggiunta di entusiasmo ha solamente alibi.

 

Quale il prototipo di giocatore che prediligi allenare?

Innanzitutto prima guardo al lato umano del giocatore, voglio avere a che fare con persone e non con giocatori e basta che guardano allo stipendio o alla propria carriera. I requisiti indispensabili sono l’amore e la passione per questo sport seguiti a ruota dalla voglia di giocare ed allenarsi facendo sacrifici e fatica per il bene ed il miglioramento della squadra ma anche delle proprie caratteristiche individuali.

 

Oltre al ritorno di Masini ci saranno altri ritorni illustri? E quali i tipi di giocatori che stai seguendo?

Quasi sicuramente Damiano Binassi (Ala dei Chinghioss) dovrebbe nuovamente vestire la casacca della Salus. Lo giudico quasi come un fratello e infatti ha già comunicato a ‘Bidi’ Bettazzi (il suo attuale allenatore) che se giocherà lo farà esclusivamente con noi per via dei rapporti che ci legano. Non mi ha ancora però dato un si definitivo per problemi legati alla sua nuova professione, ma ho pochissimi dubbi in merito al fatto che troveremo facilmente un accordo. Poi mi piacerebbe, e ci siamo molto vicini, riportare in squadra anche Ricky Persiani che ha le caratteristiche tecniche per fare una pallacanestro come piace a me.

 

Dell’ultima Salus targata Anzola, chi sarà ancora dei nostri? O con il quale si sta cercando di creare un discorso per proseguire assieme?

Stiamo valutando insieme al presidente il materiale umano a nostra disposizione e da quasi subito, e chiaramente dopo averci parlato, i primi che vorrei nella squadra del prossimo anno sono Tobia Venturi, “Ramos” Ramini e Regazzi. Ce ne sono anche altri ma per il momento di scelte definitive a riguardo non ne sono ancora state fatte.

 

Proprio Bettazzi dei Chinghioss asserisce che bene o male è un autodidatta della panchina capace però di apprendere alla perfezione da tutti coloro dai quali è stato allenato, e tu?

Conosco Bidi sia come amico che come avversario di vecchia data (dal Mini Basket anni ’79/80). Lo stimo e lo rispetto tantissimo come persona di Basket innanzitutto e poi anche per i risultati che ha ottenuto in tutti questi anni. Non mi meraviglio di questa sua affermazione. Si, anche per me è stato fondamentale essere una “spugna” ed avere fatto miei, magari elaborandoli ed adeguandoli un po’, gli insegnamenti dei grandissimi allenatori ed uomini che ho avuto la grande fortuna di incontrare nella mia carriera da giocatore; qualche nome ? In Virtus, da piccolo, Gianni Giardini che è stato come un secondo Padre, poi Ettore Messina e Giordano Consolini ed una volta passato, a soli 17 anni, fra i “senior”; Tino Dovesi che mi ha letteralmente spiegato cosa vuol dire essere un playmaker e non solo un banale portatore di palla. Aggiungo un grande e sincero grazie anche a Gianni Malavasi e ad Alessandro Cantelli incontrati ormai alla fine della mia carriera (Cantelli proprio qua in Salus) E sopra a tutti questi sicuramente Ettore “NANNI” Mannucci che è stato l’incontro più importante della mia vita, e non mi riferisco solo a quella cestistica.

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